Mano a mano che si avvicina alla nube, la confusione aumentava.
Le strade erano piene di gente che urlava che imprecava che piangeva terrorizzata mentre la visibilità diminuiva velocemente e tutto era ovattato come quella nebbia che nei freddi autunni avvolgeva case, vigne e boschi imprigionando colori e calore.
Molti correvano verso la fabbrica, altri inspiegabilmente in senso opposto, smarriti, increduli, forse ad avvisare chi ancora non sapeva, chi era ignaro a casa a riposarsi prima della cena in quella giornata estiva.
Non aveva alcun pensiero, correva e basta, scansando ostacoli e persone come se raggiungere prima il luogo del disastro potesse realmente cambiare qualcosa.
A metà strada, incontrò suo padre ma non persero tempo a parlare e continuarono la loro corsa uno affianco all’altro, come se uniti potessero essere più forti.
Entrambi sapevano, intuivano, che quello che avrebbero trovato una volta giunti sul posto sarebbe stato doloroso. Quel rombo, quella nuvola di polvere, il vociare e gridare della gente non lasciavano speranze.
C’erano state nei mesi scorsi molte discussioni riguardo a quei tre capannoni in costruzione che dovevano servire ad ingrandire la fabbrica nata nel Dopoguerra che si trovava sulla “lea” vicino alla Tessitura.
L’impresa andava bene e occorrevano nuovi spazi per ricoverare mezzi e attrezzi ma non si poteva certamente costruire lì, in piena città, ed era stata individuata l’anno prima un’area vicino alla stazione per costruire tre nuovi capannoni.
I lavori erano stati affidati ad un’impresa di Torino e i suoi concittadini si dividevano nel giudizio riguardo a come “gli stranieri” si erano mossi per costruire.
Ormai erano quasi arrivati. D’improvviso scorse Margherita, poche decine di metri avanti a lui ma la perse subito di vista. C’era anche la sorella di Luigi, il suo più caro amico, che correva piangendo, inzuppata di pioggia da testa a piedi.
Alla fine arrivarono.
Davanti a loro, la polvere nascondeva la vista. Ma appena gli occhi si abituavano a quella foschia artificiale potevano intuire la portata del disastro: di uno dei tre capannoni non restava che una montagna di macerie.
Di colpo ogni rumore cessò.
E il silenzio rese ancor più tragico e solenne quel momento.