Moncalvo, 1953
Le mani erano ormai coperte di sangue.
Stava scavando in modo forsennato, spostando pietre, pezzi di ferro torti e lamiere taglienti.
Non c’era tempo per pensare. Si sentivano urla di uomini feriti che venivano coperte dai lamenti delle donne che erano accorse e che cercavano notizie dei propri mariti e dei propri figli.
Ogni tanto le urla si facevano più forti perché i soccorritori trovavano un ferito e si doveva valutare rapidamente come liberarlo dal peso che gravava sopra di lui.
Ancora da fuori città non era arrivato nessuno. Era sicuro fosse questioni di minuti perché sembrava passato tantissimo tempo dal crollo.
Una mano posata sulla spalla lo fece girare di colpo. Era Giuseppina ed era disperata davvero perché era sicura che Luigi fosse lì sotto da qualche parte. “Ti prego Giovanni trovalo, chiamalo anche tu”
Erano cresciuti insieme lui e Luigi, inseparabili ancor prima di andare a scuola.
Luigi era come un secondo figlio per i suoi genitori e anche lui era sempre stato accolto con amore e benevolenza a casa dell’amico.
Mai – _davvero mai avevano litigato. La loro intesa era perfetta e anche quando c’erano da fare delle scelte (con le ragazze, per esempio) il loro interesse si focalizzava magicamente su obiettivi diversi.
Luigi era come un fratello e il pensiero di lui là, sotto le macerie, magari ferito alle gambe o privo di sensi lo colpì all’improvviso come un fulmine.
Scostò amorevolmente Giuseppina e si diresse deciso verso un gruppetto di uomini che già avevano soccorso diversi feriti per chiedere di lui.
Ma quelli che erano stati tirati fuori erano tutti più grandi di Luigi. Erano stati messi vicino ad una casa lì accanto in attesa delle ambulanze.
Un uomo sulla sessantina gemeva sommessamente e con dignità nonostante le condizioni delle gambe che apparivano deformate dal peso sostenuto.
Lo riconobbe: era un amico di suo padre e qualche volta si erano trovati a mangiare allo stesso tavolo, a bere la barbera fresca e ridere di gusto: sembrava impossibile!
Si chinò per chiedergli come si sentisse e per confortarlo. E poi gli chiese di Luigi.
“Sai per caso se sotto il capannone c’era anche Luigi, il mio amico? Sua sorella continua a dire che doveva venire a lavorare qui oggi.”