Lisbona 1983
Era salito nei pressi del Cemitério Dos Prazeres e ora sedeva sulle scomode panche in legno del tram 28 per godersi il viaggio e pensare.
Lo faceva spesso, quando si faceva prendere dalla malinconia e dall’inquietudine.
Saliva sul tram, si sedeva sulle panche vicino al finestrino e si faceva trasportare nel vorticoso percorso fatto di saliscendi e di incroci pericolosi attraverso i quartieri di quella che da anni era ormai la sua città.
E mentre scorrevano veloci le immagini di Baixa, Alfama, Barrio Alto e Graça, liberava la mente e riusciva a rilassarsi un po’.
Anche questa volta, scese al capolinea di Largo Martim Moniz e si avviò a piedi verso la chiesa dedicata a San Domenico.
Oggi, però, l’ansia invece che diminuire stava aumentando.
Aveva ricevuto una lettera quella mattina.
Appena aveva visto la calligrafia chiara e sicura con cui era vergato l’indirizzo il suo cuore si era quasi fermato.
Erano passati ventitre anni dall’ultimo giorno in cui l’aveva vista dopo un periodo in cui la sua vita era stata travolta dagli avvenimenti, in cui i tranquilli progetti di un ragazzo di campagna che amava le sue vigne erano stati sostituiti da emozioni così forti da impedire qualsiasi visione del futuro ma solo la necessità di vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo.
Seduto davanti alla grande chiesa ancora chiusa per il restauro dopo il grande incendio del 1959, rigirava la lettera ancora chiusa tra le mani.
Ancora una volta un foglio di carta scritto da quella mano poteva modificare il suo destino, proprio come allora.